Dalla tela del ragno si esce.
“Che ne dici di scrivere un post sul mio blog? Volentieri! Stile? Argomento? Stile vedi tu. Sull’argomento pensavo, qualcosa sulla violenza sulle donne, per il 25 novembre.”
Si, mi tocca nel profondo del mio cuore. Scrivere su un argomento per me così importante, è super stimolante e non vedo l’ora di farlo. Non lo faccio subito, prima ci penso mentre faccio tutt’altro, mentre faccio la spesa, mentre guido in mezzo al traffico, mentre faccio il bagnetto alla piccola Giorgia, mentre indosso il pigiama e vado a letto. Penso al messaggio che voglio comunicare, a cosa vorrebbero leggere le donne in difficoltà ma anche le donne che non vorrebbero mai trovarsi in una situazione dove si subisce violenza dalla persona che si ama.
Il problema è che la violenza domestica è trasversale. Tutte possiamo essere vittime di violenza, anche le donne più sicure e più intelligenti. Inizia tutto in modo subdolo e difficilmente ci si accorge in che tela ci si sta addentrando. Una tela tessuta per bene, filo dopo filo, complimento dopo complimento. Una tela in cui ci sentiamo dire tutte le parole che abbiamo sempre sognato di sentire e ci vengono date tutte le attenzioni che magari il nostro ex non ci dava. Ci fanno sentire delle principesse in tutto e per tutto, come se fossimo noi a decidere qualsiasi cosa. Tutto apparenza. E l’apparenza si sa che inganna. E l’inganno non si scopre così facilmente, non quando ci si è dentro fino al collo. La violenza psicologica fila ogni trama di questa tela, in modo silenzioso e invisibile.
Quando siamo completamente prese dall’altro iniziano i comportamenti violenti, gli insulti, l’isolamento dai nostri amici e dai nostri familiari, il rinchiuderci in una vita di coppia e nient’altro. Naturalmente la vita di coppia è solo per noi, per lui no.
Lui continua ad avere gli amici, la sua famiglia, la sua cerchia di conoscenze che frequenta come e quando vuole. Noi finiamo per mollare tutto e tutti, compreso il lavoro. Non è che non mi fido di te, non mi fido degli altri. Cazzate, non ti fidi di me e sei geloso.
E la gelosia non è sintomo d’amore. Non è vero che più si è gelosi e più si ama. Più si è gelosi e più si ha il desiderio di possesso.
Si può possedere qualcosa, ma non qualcuno. Se si possiede qualcuno c’è qualcosa che non va. Se si possiede qualcuno non si tratta di certo d’amore.
Si, è difficile sconfiggere il ragno e uscire dalla sua tela. Ogni volta che ci proviamo lui trova sempre il modo di farci aggrappare alla tela. Perdonami, non lo farò più. Cambierò. Non succederà di nuovo. Certo, non succederà fino alla prossima volta. E così fino ad altre duemila prossime volte, fatte di promesse, di scuse e di inginocchiamenti con falsi pentimenti. E noi ci caschiamo, vogliamo credere alle sue parole. Non credergli vuol dire ammettere di aver fallito, vuol dire finire una storia e ricominciare tutto daccapo, vuol dire sofferenza e casini affettivi e materiali. Credergli vuol dire continuare ad abitare nella tela senza poter uscire per fare una passeggiata per poi rientrare. No, dalla tela del ragno o si entra o si esce. Uscite donne, uscite che fuori c’è il mondo della libertà.
Un mondo faticoso da conquistare ma che rappresenta la vostra rinascita di donne e di esseri umani.
Certo, da sole non è facile uscirne. Ci sono persone che aiutano le donne ad abbandonare le tele. Dove trovarle? Basta un telefono, sia cellulare che telefono fisso, e un dito per comporre un numero: 1522. E il primo passo è fatto.
Piano piano si fanno tutti gli altri, con forza e pazienza. Bisogna essere forti anche per subire, tanto vale usare questa forza per liberarsi.
Valentina Loche
Valentina Loche
Valentina scrive sul suo blog Millimetroemezzo e dal 2011 gira la Sardegna e l’Italia con lo spettacolo sulla violenza sulle donne “Marcella – o dell’uccisione dell’anima” con la Compagnia Teatrale I Barbariciridicoli. Sale sul palco e racconta la storia di una donna vittima di violenza.
Il finale è aperto, Marcella ha la possibilità di salvarsi, di cambiare vita, come tutte le donne. Ascolta storie di violenza, fisica e psicologica. Se ne incontrano ovunque, ahimè, donne che subiscono. Dal 2013 ha fondato, insieme ad altre ragazze e un ragazzo, l’Associazione culturale “mi prendo e mi porto”, nata con la creazione di un evento sul femminicidio.
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